Con il termine wilderness il pensiero si volge generalmente a spazi sconfinati, luoghi selvaggi e incontaminati dalla presenza dell’uomo. Ma la Val Grande non è solo questo. Qui le tracce della presenza umana sono ben evidenti: mulattiere, alpeggi, terrazzamenti, vestigia di teleferiche, testimoniano come l’uomo nei secoli passati abbia intensamente frequentato la valle.
Wilderness in Val Grande si identifica con un luogo ormai abbandonato, senza strade, senza insediamenti permanenti e neppure stagionali, dove la natura sta lentamente recuperando i suoi spazi. In questa valle, wilderness significa armonia, equilibri naturali e silenzi incontrastati.
Un silenzio che si vive fisicamente, il silenzio dei luoghi abbandonati che offre l’occasione per fermarci e predisporci all’ascolto. C’è il silenzio della memoria, che fa affiorare i ricordi e fluire liberamente i pensieri. C’è il silenzio dentro di noi, della ricerca interiore, del tentativo di esplorare nel profondo le cose o di elevarsi ricercando le diverse espressioni della spiritualità.
Val Grande, quindi, significa riscoperta del silenzio come valore e come condizione per saper meglio ascoltare noi stessi, gli altri e il mondo intorno a noi. Accorgersi così del fruscio delle foglie mosse dal vento, dello scricchiolio delle foglie calpestate, dello scoppiettare delle braci all’interno della stufa, del canto dell’allocco che irrompe nella notte o dei fischi dei gracchi alpini che si inseguono sorvolando le rocce.
Sperimentare il silenzio, quasi toccarlo con tutti i sensi e gestire le emozioni che quest’azione suscita: paura, serenità, senso di solitudine, complicità con gli altri e con le cose intorno a noi. E dalla condivisione delle esperienze e dall’ascolto nasce il rispetto di stessi e degli altri nelle diversità di ciascuno, l’apprezzamento e la cura delle cose e il ripensamento del rapporto uomo-natura e di quello tra uomo e uomo, grazie proprio all’insegnamento della Natura che tende sempre verso equilibri nuovi.